L'atteggiamento dei genitori influenza in modo significativo i comportamenti dei figli che agiscono prepotenza.

Molte volte, troppo spesso, i genitori di bambini e ragazzi che agiscono prepotenza tendono a giustificarli, a "proteggerli" da chiunque cerchi di renderli consapevoli delle conseguenze delle proprie azioni, costruendo un muro difensivo che impedisce ai figli di assumersi la responsabilità dei propri comportamenti. Nelle situazioni più compromesse tendono anche a criticare coloro che cercano di intervenire con efficacia per ridurre i comportamenti di prevaricazione e di violenza - siano essi insegnanti, genitori di altri alunni, psicologi, ecc.
 

Sono atteggiamenti che stanno aumentando e che dipendono anche dalla sempre più diffusa autoreferenzialità famigliare, in cui ogni genitore si ritiene depositario della "saggezza educativa" e tende a svalutare o screditare chi la pensa diversamente. Che questo avvenga con estrema trasparenza o tramite pettegolezzi diffamatori poco importa, il risultato è quasi sempre lo stesso: il perpetuarsi delle prepotenze a danno delle "vittime".

Quando, di contro, il genitore si assume la propria responsabilità educativa ed aiuta il figlio o la figlia ad assumersi la responsabilità dei propri comportamenti, si avvia un percorso virtuoso che, attraverso l'accoglimento delle emozioni in gioco, permette di comprendere le motivazioni profonde del bullismo e di trovare strategie risolutive delle prepotenze.

Anche di questo dovrebbero tener conto gli interventi di supporto alla genitorialità, attraverso l'attivazione di esperienze formative che affrontino la complessità dei problemi in gioco con le relative resistenze al cambiamento e non si limitino a fornire bei concetti o, peggio ancora, ditribuire "diplomi", come se non potessimo tutti sperimentare che "tra il dire e il fare c'è di mezzo il mare". Che il mare, grazie alle moderne possibilità comunicative, sia diventato facilmente "navigabile" e illusoriamente ristretto non cambia la sostanza del problema.